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La Morale Fai Da Te

 

 

Provare a definire la morale nella società d’oggi è una impresa non indifferente, perché ogni persona vive una sua propria libertà e ciascuno si ispira a modelli del tutto personali. Gli attuali eccessi di libertà nell’etica familiare e sociale, nel mondo dell’istruzione, dell’abbigliamento, nei rapporti sessuali, nell’osservanza religiosa ed in molte altre aree di una cultura così permissiva, che hanno raggiunto proporzioni tanto allarmanti, ne sono appunto la riprova. Prima di tentare di capire il perché sia nata una “nuova civiltà”, che si ritaglia una morale del tutto soggettiva, è bene precisarne il significato del termine.

Il termine “morale” deriva dalla radice del verbo ‘misurare’ e significa “regola”, “misura delle azioni”, “buon costume”, “pratica del bene”. Dopo avere stabilito le regole del bene, si dice comportamento “morale” quando i pensieri, le parole o le azioni le rispettano, mentre di contro è comportamento “immorale” quando le violano. E’ morale, quindi, tutto ciò che è conforme alle regole ed immortale quanto non lo è. Chiaramente dobbiamo rifarci alle regole. Ne esistono di due specie: le regole divine e quelle umane.

Le regole divine sono tutte espresse nelle Sacre Scritture, che rivelano integralmente e capillarmente il pensiero che il Signore ha voluto farci conoscere. Tutto quello che Dio voleva che noi avremmo dovuto sapere, Egli lo ha rivelato nella Sua Parola, divinamente ispirata (cfr. II Tim. 3:16). La Bibbia conserva inalterato il “soffio di Dio” (cfr. II Pietro 1:21) sia nei concetti, sia nelle singole parole, per cui essa è veritiera e, perciò, degna di fede. La Parola di Dio è la Verità per eccellenza e si pone come base dell’etica. Le regole, che in essa sono contenute, hanno speciali caratteristiche. Queste sono infatti:

-         buone, perché fanno bene sia a chi li compie, quanto a chi li riceve: “Poiché io so i pensieri che medito per voi, dice l’Eterno: pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza” (Ger. 29:11);

-         stabili, perché sono valide per tutte le generazioni: “… tutti i suoi precetti sono fermi” (Salmo 111:7);

-         nobili, perché esaltano la dignità dell’uomo: “Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie, dice l’Eterno. Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri” (Isaia 55:8, 9).

Nelle regole umane rientrano quelle norme e quei precetti generati dall’intelletto dell’uomo. Essi hanno altresì speciali caratteristiche; sono infatti:

-         ingiuste, perché non tengono conto del vero bene: “… tutta la nostra giustizia come un abito lordato” (Isaia 64:6);

-         inaffidabili, perché nate dall’uomo decaduto: “L’Eterno vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra, e che tutti i disegni dei pensieri del loro cuore non erano altro che male in ogni tempo” (Gen. 6:5);

-         instabili, perché suscettibili di modifiche. Quello che nel passato è stato censurato, spesso è stato rivalutato. Soltanto la parola di Dio non passerà mai (cfr. Matt. 24:35).

Perché l’uomo non riconosce e non rispetta le regole del bene? Dalla Bibbia sappiamo che il Signore ha fornito l’uomo della coscienza, ma il peccato l’ha cauterizzata e così l’ha resa insensibile. Finché egli è schiavo del peccato, gli sarà impossibile praticare il bene: “Perché il bene che voglio, non lo fo: ma il male che non voglio, quello fo” (Rom. 7:19). Il peccato ha danneggiato tutti i valori spirituali, sociali, familiari, etici e l’uomo ne sta conoscendo sempre più il degrado.

Nel campo dell’etica e nell’era della globalizzazione, dove sono valorizzati quei modelli di massa, prevale la tendenza a “fare quello che più piace”. Basterebbe riflettere un po’ su quanto le televisioni trasmettono o navigano tra gli “iceberg” di internet per rendersi conto di ciò che piace alla “nuova civiltà”. Questo tipo di etica “fai da te”, propria di coloro che tendono a fare semplicemente quello che vogliono, non soltanto “risolverebbe con estrema facilità il problema di ciò che è giusto o sbagliato”, ma sarebbe anche una “buona scusa per soddisfare le proprie inclinazioni malvagie”. L’uomo dà libera espressione ai propri desideri e sentimenti e quello che in passato era considerato peccato, oggi non sembra esserlo più. Questo tipo di morale non è altro che la vecchia immoralità, la stessa che Dio non può tollerare.

Certo, sappiamo che dal punto di vista cristiano è impossibile battersi contro questa nuova moda oltremodo permissiva e degradata, però al singolo credente, che ha realizzato la salvezza per Grazia ed il cambiamento del cuore e della mente, non deve nemmeno considerare lo stile di vita di quanti non hanno il timore di Dio. Egli ci ha insegnato a vivere in santità e chiede che ci uniformiamo ai Suoi pensieri per vivere bene in questo mondo depravato e corrotto.

Chi ha l’onore di appartenere al Signore non desidera adattarsi alla mentalità che questa società cerca di propinare: “E non vi conformate a questo secolo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza qual sia la volontà di Dio, la buona, accettevole e perfetta volontà” (Rom. 12:2).

La Scrittura, inoltre, ricorda: “Quando i fondamenti sono rovinati che può fare il giusto? (Salmo 11:3). Troviamo la risposta ancora nella Parola di Dio, che ci chiama in mezzo ad un mondo perverso a:

-         rimanere fedeli al Signore e vivere la vita nel rispetto della Sua Parola, la regola di vita e di condotta (cfr. Gal. 6:16);

-         far conoscere la Verità testimoniando con franchezza attraverso una condotta santa e con le parole guidate dallo Spirito Santo (cfr. Matt. 5:16);

-         pregare ed adoperarsi affinché l’Evangelo sia predicato e tante persone possano essere salvate e trasformate dalla potenza di Dio (cfr. Rom. 1:16).

 

 

                                                                                                                                                                                                                                                            

di  Carmelo Fiscelli

 

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