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Il codice non convince

 

 

In palese, e calcolato, ritardo ci accostiamo alla polemica furibonda che si è scatenata attorno all’ormai best seller “Codice Da Vinci”. La lentezza nell’affrontare l’argomento è attribuibile ad un motivo d’ordine personale, il tema non aveva alcuna attrattiva particola, e ad uno d’opportunità, ci è sembrato giusto fare raffreddare il clima e declinare le posizioni.

Diamo per scontato che i nostri lettori siano informati intorno al motivo del contendere fra i sostenitori dello scrittore americano, autore del libro, e le diverse voci indignate, che si sono levate dalle fila delle varie denominazioni cristiane.

In breve esporremo alcune considerazioni distratte, ma, ripetiamo, tanto clamore attorno ad un romanzo e per giunta non particolarmente ben congegnato, sembra esagerato.

Quella che sembrava una scoperta dell’ultima ora non è certo una novità. L’esistenza dei vangeli apocrifi è notoria, nei primi secoli dell’era cristiana circolavano liberamente fra alcune chiese, la loro diffusione fu notevole e sono citati da molti dei primi scrittori cristiani.

Il loro contenuto, e l’anonimato degli scrittori indussero i credenti ad evitarne la lettura. I motivi per i quali furono redatti possono essere svariati, certo è che in molti casi misero insieme diversi racconti fantasiosi, che riguardavano i periodi della vita di Gesù dei quali i quattro Vangeli canonici non danno notizia.

I vangeli apocrifi sono andati perduti per essere ritrovati in questi ultimi due secoli, durante i quali ogni qualvolta le sabbie del deserto, una biblioteca oppure una grotta hanno resistito un antico scritto è stata una buona occasione per articoli scandalistici, secondo i quali gli antichi documenti scoperti avrebbero dei contenuti sconvolgenti, che le gerarchie ecclesiastiche di tutto il mondo avrebbero tenuto nascosti. E’ quanto accaduto, ad esempio, diversi anni fa con la traduzione dei rotoli di Qumran.

La pressoché totale ignoranza degli scritti sacri e l’assenza di dimestichezza con i temi attinenti al cristianesimo, hanno fatto si che il racconto del “Codice” più che un “collage” di storielle ormai secolari, per molti sia una sorta di rivelazione.

E bene aggiungere che Gesù viene descritto come un uomo qualunque  tale prospettiva è attraente per molti, soprattutto per le coscienze che come quella di Pilato sono attratte da Cristo ma non si risolvono a credere in Lui. La carenza di spirito critico non aiuta a distinguere la finzione letteraria e le operazioni di marketing dalla verità evangelica e storica.

Un’ultima considerazione riguarda proprio i credenti.

Francamente non ci sentiamo di condividere l’allarmismo di tanti, che paventano lo sviamento di massa e la crisi del cristianesimo.

Che genere di conversione è quella di chi vacilla dinanzi ad un romanzo? Un credente dovrebbe essere in grado di distinguere la finzione dalla realtà, ma soprattutto è radicato nella Parola di Dio e tale conoscenza lo metterà in condizione di discernere. A questo punto ben altro è il problema, non il libro in sé ma i lettori. Viene messa in discussione la consistenza delle loro convinzioni ed esperienze spirituali.

Le polemiche ed i divieti non allontanano i pericoli. Soltanto una reale esperienza di nuova nascita e la lettura devota e fedele delle Sacre Scritture costituiscono un valido antidoto.

“Voi dunque, diletti, sapendo queste cose innanzi, state in guardia, che talora, trascinati anche voi dall’errore degli scellerati, non scadiate dalla vostra fermezza” (II Pietro 3:17).

 

 

Salvatore Cusumano

                                                                                                                                          Da Cristiani Oggi   

 

 

 

 

 

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