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La Pasqua del Signore

 

La Pasqua … dall’Antico al Nuovo Testamento. Letteralmente “passaggio”, la Pasqua rappresentava la più grande solennità ebraica, l’occasione per ritornare col pensiero e col cuore al giorno della liberazione della schiavitù dell’Egitto (cfr. Esodo 12). Tale ricorrenza costituiva “una solenne festività per Israele”. Non voleva solo alludere alla salvezza dei primogeniti di Israele dal giudizio di Dio verso gli Egiziani. Soprattutto segna storicamente e spiritualmente il significato della liberazione civile, del passaggio dalla condizione di schiavitù all’emancipazione morale. A tale scopo Dio prescrisse un preciso cerimoniale da osservare, in modo da conservare il senso simbolico dell’evento. “Quel giorno sarà per voi un giorno di ricordanza, e lo celebrerete come una festa in onore del Signore … perché Egli vi fece uscire dal paese d’Egitto”. Così Israele, anno dopo anno, celebrava la Pasqua guardando al giorno in cui il Messia, il vero Liberatore, lo avrebbe liberato dal proprio peccato. Gesù rappresenta “la consolazione di Israele” e di tutta l’umanità ed è indicato come Colui “che salverà il Suo popolo dai loro peccati” (Vangelo di Matteo 1:21). Per essere tale, “… anche la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immacolata” (Prima lettera ai Corinzi 5:7). Difatti, mentre in Gerusalemme si festeggiava la Pasqua mosaica, proprio in quei giorni Gesù offriva se stesso sulla croce,  si immolava per noi e diveniva “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del Mondo”. Ogni cosa è stata adempiuta in Cristo Gesù; “in Lui noi abbiamo la redenzione … il perdono dei peccati” (cfr. Lettera agli Efesini 1:7), “sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati … ma con il prezioso sangue di Cristo, come quello di un agnello senza difetto né macchia” (Prima lettera di Pietro 1:18). La fonte della liberazione spirituale è pertanto l’opera salvifica del Salvatore Gesù, morto e risorto per noi, ed il ricordo di tale redenzione e del carattere sacrificale della Sua morte è continuamente ravvivato in noi per mezzo della cosiddetta “Cena del Signore”: “ … fate questo in memoria di me” (cfr. Vangelo di Luca 22:19). Mentre per Israele la Pasqua doveva essere il giorno di “ricordanza”, la Chiesa rammemora la propria redenzione attraverso la consumazione del pane e del vino: “ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore …” (Prima lettera ai Corinzi 11:26).

Naturalmente per il vero cristiano non è più concepibile limitare il ricordo dell’opera e del sacrificio del proprio Salvatore Gesù ad una sola giornata o catalogarlo come una ricorrenza annuale o festività religiosa. Ogni giorno il credente sente il bisogno di rinverdire l’efficacia della Sua morte ed il valore delle Sue sofferenze, ogni giorno può fare appello alla potenza del sangue sparso e sempre troverà rifugio e liberazione in Cristo Gesù.

 

Francesco Citarella

 

 

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