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Il diavolo è morto

 

 

Si ode dire frequentemente: “il tale è morto!”.

Ieri stava bene, ha compiuto una gita con i suoi amici, ha rallegrato la comitiva con le sue spiritosaggini, e questa mattina all’improvviso ha lasciato questo mondo.

Quante volte assistiamo alla meraviglia di coloro ai quali diamo di queste notizie, quante volte noi stessi rimaniamo meravigliati anzi meravigliatissimi per una notizia di tale genere: “è mai possibile?”. Ci domandiamo, e vorremmo quasi trovare la precisa spiegazione dell’avvenimento.

Ma, o che si meravigliano o che ci meravigliamo, gli uomini continuano a morire e non sono pochi coloro che spariscono da questo mondo così rapidamente da dare l’impressione che se ne siano veramente volati via. Questa realtà di ogni giorno mi faceva pensare, alcune settimane or sono, a quello che avverrebbe se anche il diavolo fosse soggetto alla legge della morte fisica. Una di queste mattine si potrebbe apprendere la lieta notizia: “una paralisi cardiaca ha ucciso Satana; egli non è più; a quest’ora anzi gli hanno anche fatto il funerale”.

Tutti coloro che avessero l’opportunità di udire da un benevolo informatore o da un annuncio radiofonico lo strabiliante comunicato, non potrebbe fare a meno di tirare un sospirone di sollievo.

In tutto il mondo si diffonderebbe quel senso di serenità che si avverte individualmente quando qualche pietra che pesava sul cuore viene rotolata. L’aria diverrebbe più leggera e più respirabile. Nessuno avrebbe timore di respirare, perché nessuno sentirebbe più la presenza degli spiriti malefici che vagano tra gli uomini.

I cuori si riempirebbero d’amore, perché l’odio giacerebbe nella sepoltura assieme al grande defunto che lo ha generato, e tutti gli uomini si sentirebbero felici di vedersi in compagnia, di poter scambiare una buona e fraterna parola.

Caro Alberto, direbbe uno, oggi mi sento completamente felice, sento di volerti un gran bene e questo mi fa gioire.

Io provo la medesima cosa, mio buon Federico; mi sembra che il sole sia più limpido, che l’erba sia più verde, che il cielo sia più azzurro. Mi sento volare verso Dio e credo che questo venga dal grande amore e dalla profonda pace che sento nel cuore.

Ogni suono della natura risuonerebbe come una melodia; ogni parola degli uomini sarebbe un’espressione di affetto perché tutto il male cadrebbe, come una valanga a valle, verso il sepolcro che si è aperto per accogliere in eterno le spoglie dell’angelo precipitato dal cielo.

Nel meditare sul desiderabile avvenimento io supero la condizionale grammaticale e vado a fare una capatina nel felice mondo che ha visto la morte del diavolo. Vado in una via pubblica. Meraviglia! Ieri avevano tutti fretta, nessuno poteva curarsi del suo prossimo, molti incontrandosi si guardavano in cagnesco, altri voltavano il viso per non guardare il viso di chi passava loro accanto; ed oggi? Nessuno ha dunque fretta? Vedo calorose strette di mano; assisto a conversazioni traboccanti di reciproca simpatia e di affetto sincero. Che cosa si dicono l’uno all’altro? Che cosa si chiedono? Cerco i tendere l’orecchio. E’ possibile? Ognuno chiede se può rendersi utile al suo vicino, al suo amico.

Ma che dice quel tale che fino a ieri era conosciuto come il più avaro del quartiere? Ma forse non ho udito bene? Ma si, egli offre una somma a quella povera vedova che abita accanto alla sua casa.

Oh! Quei due che si stanno abbracciando non sono i medesimi che si erano giurati un odio eterno? Fino a ieri si erano schivati e schifati a vicenda, ed oggi che fanno? Si abbracciano, si baciano, ma si, sono sinceri, si vede così bene!

Mi stanco di guardare nella strada: entro in una casa di mia conoscenza.

Appena varcata la soglia, faccio per ritirarmi scusandomi: ho sbagliato porta. Ma quel quadro sulla parete mi accerta che è proprio la medesima casa. E’ venuta quindi una rivoluzione? Sono stato tante volte in questa casa ed ho visto sempre disordine, sudiciume ed oggi per la prima volta tutto è ordinato, tutto è pulito: un’atmosfera di freschezza e i purezza aleggia dappertutto.

Mi siedo in attesa che si scateni una delle solite baruffe familiari, alle quali purtroppo ho assistito tante volte.

Non avviene nessuna baruffa. Ma com’è dolce oggi la mamma, ma come sono ubbidienti i figlioli, ma che magnifica armonia unisce i fratelli e le sorelle.

Entra il babbo. La burrasca! Dico in me stesso. Invece è una festa: il buon uomo, ieri era tanto cattivo, fa una sobria carezza alla sua compagna che gli si è fatta incontro per togliergli il soprabito e poi accoglie fra le braccia il più piccolo dei suoi figliuoli mentre tutti gli altri si stringono festanti intorno. Dopo poco sono intorno alla tavola per desinare e mentre essi tutti insieme chinano il capo per ringraziare Dio, non posso fare a meno di esclamare: “Ecco una famiglia felice!”.

Ormai lascio i miei amici alla loro cena e mi avvio verso una grande fabbrica di automobili. Entro proprio all’ora in cui a frotte stanno entrando gli operai per il turno serale. Ho assistito altre volte all’ingresso delle maestranze, ma questa sera mi sembra di vedere per la prima volta questo spettacolo. Il turno di sera vede sempre operai dal viso tetro: entrano tutti accigliati con la scritta sugli occhi: “ siamo poveri sfruttati,  morte gli industriali”.

Questa sera non solo non hanno più la scritta, ma non hanno neanche quel viso torvo che mi ha fatto sussultare tante volte. Vengono tutti come per adempiere una lieta missione, parlano gioiosamente, sono felici.

Qualcuno è in ritardo, i soliti contrattempi stradali hanno loro fatto perdere minuti sull’orario. Il direttore sulla porta si informa da loro se è capitato qualche cosa i spiacevole, se hanno qualche infermo in famiglia. Si compiace vivamente se non c’è nulla di tutto ciò.

Com’è cambiato quest’uomo. Fino a ieri sera si intratteneva sulla porta solo per mortificare o per multare i ritardatari e per accogliere tutti come un aguzzino, e questa sera è tutto gentilezze.

Entro con gli operai, mi avvicino alle macchine. Io so che tutti cercano di lavorare solo al passaggio del capo reparto e so anche che il capo reparto cerca di agire con la tattica del poliziotto. Questa sera però tutti lavorano; il ritmo di produzione continua nello stesso modo anche dopo che il capo reparto è passato. Ma anch’egli questa sera è tanto gentile, semplice, affabile, e tutte le parole che rivolge agli operai sono incoraggianti e cordiali; consigli fraterni ed encomi sinceri. Io penso: “anche qui sono felici”.

E’ tardi, credo che sia opportuno andare in chiesa. Arrivo quando il culto è già cominciato e per non disturbare mi siedo all’ultimo banco.

Al mio fianco c’è proprio quel diacono a cui non vanno mai bene le prediche del pastore. Giusto siamo alla predica: dovrò sorbirmi critiche salaci. Mentre mi preparo a questa specie di lotta, do un’occhiata al mio vicino: ha gli occhi chiusi. Dorme! Ma no egli muove le labbra, sembra che preghi.

Ora ha riaperto gli occhi ed ascolta con attenzione.

Ma non ho mai udito pronunciare da lui tutti gli “amen” e gli “Alleluia” che pronuncia questa sera. E’ veramente preso dal sermone; sono sinceramente contento. Siamo alla fine del culto; il diacono mi rivolge la parola e mi dice, stringendomi la mano con effusione: “che messaggio speciale questa sera, non ricordo di averne udito mai uno simile”.

Mi guardo intorno: anche la mia chiesa è cambiata, anche dalla mia chiesa è scomparso un ospite indesiderabile. Vedo cose nuove, cose buone. So, che ora, la chiesa prospererà perché tutti vogliono essere uniti per il Signore.

Il mio itinerario è terminato ed io purtroppo rientro nella mia condizionale grammaticale; ma no, non voglio rientrare, perché è vero che l’annuncio: “Il diavolo è morto” non è ancora stato dato come noi vorremmo, ma è anche vero che ogni uomo, ogni famiglia, ogni chiesa lo può far morire per conto proprio per la vittoria del Cristo risorto. Egli dal cielo ci dice: “Accettatemi appieno e voi potete gridare che il diavolo è morto”.

 

 

 

 

 

"Il Faro."              torna indietro