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Pace ed unità

 

 

Quando medito il significato di queste gloriose parole, sento il mio cuore riempirsi di pianto.

Perché?

Per dire il perché di quanto sento nell’interno della mia vita, avrei bisogno di parlare e non di scrivere: penso che le parole vive potrebbero meglio esprimere il frutto della mia meditazione. Voglio ugualmente, però, far conoscere, per quanto mi è possibile, quello che mi fa lacrimare.

Io medito e nella meditazione comprendo che il Signore Gesù ci ha data la Sua pace affinché i nostri cuori attraverso le tribolazioni e le angosce di questa vita possano godere tranquillità nella Sua grazia e nel Suo amore.

… e comprendo che questa benedetta pace, procacciata verso tutti, ci deve far vivere lontani dalle contese e dai contrasti che gli uomini irosi del mondo cercano di suscitare in ogni occasione.

 

Vivete in pace con tutti!

 

Questo è il comandamento al quale si devono attenere i “pacifici”, cioè coloro che hanno pace con Dio, pace nei loro cuori.

… e comprendo che ancor più nel mezzo del popolo di Dio la pace deve (o meglio dovrebbe) regnare sovrana ed avere la presidenza in ogni cuore ed in ogni opera, perché il tabernacolo di Dio è in Salem, cioè nel luogo ove dimora la pace, secondo che è scritto: “Egli benedice il Suo popolo in pace”.

… e comprendo quindi che nei cuori e nelle chiese non c’è abbastanza pace e per questo motivo non ci sono molte benedizioni e non si realizzano ineffabili beatitudini.

Comprendo e piango!

Con questo non voglio dire che manca totalmente la pace. No! Voglio solo dire che c’è n’è poca e pochi sono quelli che, ubbidendo alla Parola del Signore la procacciano sinceramente ed umilmente.

Soprattutto si manifesta molto debolmente il legame della pace fra fratelli e fedeli; fra chiese e chiese.

La Scrittura dice: “procacciate pace con quelli che di cuor puro servono il Signore”. Il comandamento è chiaro e bello, ma quanti l’osservano fedelmente?

A giudicare da tutte le divergenze, tutti i contrasti, tutte le divisioni, tutte le scomuniche che si manifestano, si evince che i legami della pace sono stati spezzati dall’impeto intollerante della superbia, dell’orgoglio e, qualche volta, dell’odio.

I fedeli si son detti gli uni gli altri: “tu non ami di cuor puro il Signore, quindi io non procaccio pace con te”.

Io medito e piango!

Possiamo noi giudicare che un fratello non è puro nel proprio cuore perché intorno a qualche cosa ha un’idea diversa dalla nostra?

Se noi giudichiamo il fratello, ci mettiamo in condizione di essere giudicati da lui, perché anch’egli, trovando in noi un pensiero diverso dal suo, potrà lanciarci la medesima scomunica. S. Paolo diceva: “Se voi vi mordete e divorate gli uni gli altri, sarete consumati gli uni gli altri”. E così avviene; i cuori si lacerano, le chiese si guastano, le opere vengono ostacolate, le benedizioni e la potenza di Dio non si manifestano.

La pace si procaccia annichilendo il proprio io, si procaccia pregiando altrui più che se stesso, si procaccia confortando, si procaccia compatendo, si procaccia insomma dando luogo allo spirito di Cristo, il quale ha insegnato ai Suoi discepoli, non le divisioni, non l’odio, ma l’amore.

Salomone chiese sapienza all’Eterno; noi vogliamo con lacrime sincere chiedere la medesima virtù, affinché per essa ci sia dato di discernere le tentazioni del diavolo e le opere di coloro, che producono gli scismi e le divisioni, perché è ormai tempo che ci riscuotiamo da tutti questi dolorosi mali che ci hanno afflitto, ma che hanno soprattutto afflitto, e guastato le chiese turbando la loro pace.

Se noi riusciremo a vedere il diavolo con i suoi eserciti, ci accorgeremo che Egli è riuscito a metterci l’uno contro l’altro, perché siamo stati ingannati dalle sue tentazioni.

Noi, nel fondo del cuore, ci amiamo tutti e ci sentiamo fratelli nel Signore, perché solo quelli che con soddisfazione procurano i disturbi non sentono l’amore.

Quindi coloro che non amano la pace di Gerusalemme, compiano pur frettolosamente l’opera loro, come disse Gesù a Giuda, ma noi che siamo stati fatti d’un medesimo corpo per il sangue di Cristo, ancor più frettolosamente dobbiamo adoperarci per un’opera di pace e d’amore.

“Da dove vengono le guerre e le contese se…?” dice l’apostolo Paolo, e proseguendo risponde: “dalle voluttà”. Si, dalle voluttà, perché dall’amore vengono pace e concordia.

Siamo fratelli? Ci amiamo? Vogliamo ambedue servire il Signore? Che cosa dunque può impedirci di sentire la pace e di procacciare la pace? Nessuna cosa!

Certamente io non comprendo tante parti della Scrittura che tu comprendi, ma questo non ha importanza: Colui che ha illuminato te, illuminerà anche me. Forse io comprendo qualche passo solo in parte; Iddio mi rivelerà il rimanente.

Forse io intendo in maniera differente qualche questione dottrinale, da come la intendi tu? Anche questo si supera facilmente con l’amore: ragioneremo fraternamente, ci consiglieremo, chiederemo consigli e se proprio non riusciremo ad ottenere uno stesso modo d’intendere, aspetteremo umilmente ai piedi del Signore.

Invece, quante scomuniche, quanti scismi, quante divisioni per questioni di nessuna importanza; talvolta per ragioni dottrinali di nessun valore pratico.

Così amano i cristiani? Così mettono i cristiani la loro vita per l’anima del fratello?

I nostri fratelli dell’epoca apostolica non procedevano con questa regola e per chi non lo sapesse, è bene dire che uno spirito di tolleranza guidava tutti i cristiani di quei tempi e portava alla vera pace, al vero amore.

In quell’epoca la dottrina, intorno a molte cose, era interpretata in modo diverso dall’altro, secondo le varie località, ma questo non aveva il potere di accendere le contese, perché lo studio di tutti era quello che rimanessero ben saldi i principi fondamentali dell’opera di Cristo e non i particolari che potrebbero poi essere resi uniformi dalla mano di Dio.

Noi troviamo infatti registrato dalle Scritture il lavoro dei servitori di Dio in difesa della dottrina; ma che cosa hanno essi difeso? Quelle verità principali che formano il cristiano.

Invece spesso uno spirito di contesa fa sorgere divergenze intorno a cose delle quelli i nostri fratelli dei primi secoli non avrebbero neanche parlato.

Ed anche le divisioni sorte per motivi più importanti sono avvenute senza che si fosse compiuto il minimo sforzo per evitarle e tutti le hanno accettate senza sentire quel dolore che certamente ha sentito e sente Colui che ci ha fatto fratelli a prezzo del Suo sangue.

Molte chiese si sono scomunicate a vicenda, dicendo: Ti scomunico perché non rechi “questa dottrina”.

Tutte hanno pensato di possedere loro soltanto la buona, la sana dottrina e così si è verificata la curiosa situazione di tante chiese separate le une dalle altre, perché tutte convinte di dimorare nella sana dottrina.

Io credo che nessuna chiesa che ha accettato con piacere la divisione possiede la sana dottrina, perché essa significa amore e l’amore riesce, a costo di sofferenze e rinunce, ad impedire gli scismi e le divisioni.

Ho molto viaggiato ed ho visitato varie chiese e, purtroppo, ho dovuto constatare che in certi luoghi si era talmente introdotto uno spirito di contrasto e di divisione, che per una qualsiasi ragione, anche di nessuna importanza, si sono creati motivo per contraddirsi a vicenda e poi per dividersi.

Pace! Pace!

Ci ispiri Dio ad operare con la preghiera, organizzandoci in riunioni straordinarie familiari e pubbliche, per alza la voce a Dio e chiedere col cuore la pace di Gerusalemme. Con l’azione, distruggendo dai nostri cuori ogni radice amara, ogni risentimento, per considerare la realtà con l’occhio puro e sereno dello spirito e poi procacciando vera pace attraverso fraterni incontri, umili consigli, che abbiano il potere di farci comprendere e di farci incontrare.

Si, di farci comprendere, perché molte volte i cuori agitati e le menti già turbate dal tentatore, hanno posto i fratelli in condizione di non comprendere più le parole l’uno dell’altro,e per i malintesi e le errate interpretazioni sono sorte delle divergenze che in realtà non esistono.

Quante volte questo è avvenuto mediante scambio di lettere, anzi io ho constatato che non c’è altro mezzo più di questo adatto a creare le incomprensioni fra i fedeli.

Lavoriamo per la pace; lavoriamo prima dentro di noi e poi in comune e ben presto ci accorgeremo che ci amiamo e che ci siamo sempre amati, ma che tale amore è stato per un tempo coperto e soffocato dal turbamento che ha preso il posto della pace nei nostri cuori. Quindi, ricerchiamo pace ed amore ed allora veramente la nostra stretta di mano sarà sincera ed allora veramente il saluto delle nostre labbra sarà il suggello del sentimento dei nostri cuori: Pace!

 

 

 

Da una pubblicazione del Risveglio Pentecostale del 1987

 

 

 

 

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