Brevi meditazioni bibliche    da Cristiani Oggi  

  

                                                                                   di Francesco Toppi

 

 

 

 

La visione di Dio

 

            

"Il mio orecchio aveva sentito parlare di te, ma ora l'occhio mio ti ha visto. Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere"

(Giobbe 42:5,6)

 

 

Questo capitolo conclusivo del libro di Giobbe  si divide in due parti, la prima costituita dai versi 1 a 6, che esprime la sottomissione finale di Giobbe a Dio; la seconda composta dai versetti 7 a 17 che invece è in prosa e costituisce l'epilogo di tutta la vicenda. In pratica la prima parte del capitolo è la conclusione delle perplessità manifestate da Giobbe a causa delle grandi sofferenze che stava subendo. Egli vuole conoscere da Dio le ragioni di tanto travaglio. La seconda parte invece contiene la soluzione delle dispute tra Giobbe ed i suoi "amici".

Nessuno potrà mai risolvere i contrasti tra gli uomini se prima non risolve i suoi personali problemi con Dio!

 

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Il riconoscimento

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Con le parole "Tu puoi tutto e… nulla può impedirti di eseguire un tuo disegno" (Giobbe 42:2), Giobbe riconosce la supremazia di Dio e dichiara che, pur se apparentemente sembra un mistero, la sofferenza ha un "ministerio", quello cioè di condurci fino a confessare la nostra pochezza e la incommensurabile grandezza di Dio.

Molti si domandano perché Dio deve  usare dei mezzi spesso così drastici per attrarci verso di Lui. La risposta è da ricercare nel fatto che per natura siamo tutti ribelli. Del ministerio di Giovanni il battista è detto che avrebbe volto "i ribelli alla saggezza dei giusti, per preparare al Signore un popolo ben disposto" (Luca 1:17). Questo è lo scopo di Dio: prepararci per appartenere ad un popolo fedele e "ben disposto".

Non basta però una dichiarazione generale in cui si riconosca la sovranità di Dio, occorre una confessione capace di coinvolgere personalmente Giobbe. Troppi individui sono pronti a dichiarare che Dio supremo e creatore, ma non si accostano mai a Lui per confessarGli il desiderio di esserGli umilmente sottoposti. In pratica privano Dio di quello che Gli appartiene perché ignorano che Egli vuole governare la loro vita.

 

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La rivelazione

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"Il mio orecchio aveva sentito parlare di te, ma ora l'occhio mio ti ha visto" (Giobbe 42:5). Improvvisamente le nuvole oscure che hanno tenuto nascosta la visione di Dio si diradano per mezzo della Parola di Dio; ora Giobbe può conoscerLo meglio di quanto lo sentiva lontano e Lo adorava come semplice atto di religiosa riverenza.

Ora la sua conoscenza di Dio è diretta ed empirica. Prima della prova aveva "sentito parlare" di Dio. Il suo rapporto con Lui era tradizionale, superficiale ed indiretto. Si tratta della testimonianza religiosa giunta a noi per tradizione, degna di tanto rispetto, ma da paragonare alla visita presso museo archeologico, interessante per la  conoscenza intellettuale, ma senza alcuna influenza sul carattere e sullo spirito.

Quando invece giungiamo ad una visione personale di Dio tutto cambia. Giobbe può dire, con milioni di credenti di ogni età, "ma l'occhio mio ti ha visto". Non è stata una visione come quella di Giobbe o quella di Mosè e neanche come quella che Elifaz narra con tanta ostentazione: "Tra i pensieri delle visioni notturne, quando un sonno profondo cade sui mortali, uno spavento mi prese, un tremore, che mi fece fremere tutte le ossa. Uno spirito mi passò davanti, ed i peli mi si rizzarono addosso" (Giobbe 4:13-15). Si tratta invece di una profonda esperienza interiore con Dio, che gli si è rivelato. Dio è sceso fino a lui e gli ha parlato convincendolo come soltanto Egli sa fare e facendogli comprendere il Suo disegno. Dio cambia sempre il male in bene: "Voi avevate pensato del male contro di me, ma Dio ha pensato di convertirlo in bene…" (Genesi 50:20).

Questa visione interiore di Dio, insieme alla Sua Parola che giunge fino a noi, produce un bene inestimabile all'animo del credente che si dispone a non arguire più con Dio, ma Gli parla per essere istruito per imparare da Lui:  "Ti prego, ascoltami, ed io ti parlerò; ti farò delle domande e tu insegnami" (Giobbe 42:4). 

 

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La confessione

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Questa intima visione di Dio produce un effetto che nessun'altra conoscenza potrà mai determinare: il ravvedimento che si manifesta con la confessione della nostra totale fragilità: "Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere". Ora Giobbe non si vanta dei propri meriti e della propria rettitudine. Dobbiamo tutti recarci dinanzi a Dio con lo stesso sentimento di Esdra  che diceva: "Mio Dio, io sono confuso; e mi vergogno, mio Dio, di alzare la testa e la faccia" (Esdra 9:6). Oppure come il pubblicano della parabola evangelica, che: "Se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: o Dio, abbi pietà di me, peccatore!" (Luca 18:13).

Giobbe ha le idee chiare su come accostarsi a Dio, infatti afferma: "Mi ravvedo, mi pento". Il ravvedimento è un mutamento di sentimento, consiste nell'abbandonare il peccato in tutte le sue forme e nel seguire Dio. Il pentimento è un pio dolore per gli errori commessi nel passato. Non è eccessivo il sentimento di Giobbe! Poveretto, dirà qualcuno, ha tanto sofferto di che deve pentirsi? Assolutamente no, esistono reazioni interiori non espresse che nessuno di noi può valutare per l'altro, ma quando si incontra personalmente Dio allora si scopre che "tutta la nostra giustizia" è "come un abito sporco" (Isaia 64:6).

Giobbe deve usare un mezz’oche nell'Antico Testamento era comune: la penitenza: "Mi pento sulla polvere e sulla cenere". Così, prima dell'avvento di Cristo, si manifestava il pentimento, ma Gesù è venuto, ha pagato il prezzo per il perdono dei nostri peccati. "Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio" (1 Pietro 3:18). "Ora in Cristo Gesù, voi che allora eravate lontani siete stati avvicinati mediante il sangue di Cristo… e per mezzo di lui, gli uni e gli altri abbiamo accesso al Padre in un medesimo Spirito" (Efesini 2:13,18).

Questo è il privilegio di chi realizza un incontro personale con Dio, per mezzo di Gesù Cristo, l'unico divino Salvatore.   

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                               

di  Francesco Toppi

Pubblicato da Cristiani Oggi

 

 

 

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