Brevi meditazioni bibliche      

  

                                                                                                                Di   Marco Scuderi

 

 

 

Dio è per noi un rifugio ed una forza

 

“Dio è per noi un rifugio ed una forza, un aiuto sempre pronto nella difficoltà. Perciò non temiamo se la terra è sconvolta, se i monti si smuovono in mezzo al mare, se le sue acque rumoreggiano, schiumano e si gonfiano, facendo tremare i monti.

C’è un fiume, i cui ruscelli rallegrano la città di Dio, il luogo santo della dimora dell’Altissimo. Dio si trova in essa: non potrà vacillare; Egli fa udire la sua voce, la terra si scioglie. Il Signore degli eserciti è con noi, il Dio di Giacobbe è il nostro rifugio.

Venite, guardate le opere del Signore, Egli fa sulla terra cose stupende. Fa cessare le guerre fino all’estremità della terra. “fermatevi”, dice “e riconoscete che io sono Dio. Io sarò glorificato fra le nazioni, sarò glorificato sulla terra”. Il Signore degli eserciti è con noi; il Dio di Giacobbe è il nostro.

(Salmo 46)

 

 

Il Salmo inizia con una certezza di fede: “Dio è per noi un rifugio ed una forza”. Questa è una constatazione che si basa sulle esperienze vissute. Perciò, visto quello che è successo, visto il manifestarsi della potenza di Dio, è scritto “noi non temiamo”, parola che esprime la certezza della fede, dell’essere sicuri perché fondati su quanto è avvenuto nel passato. Così cantava l’antico Israele. Anche oggi la fede nell’azione di Dio nel passato fonda la certezza per l’azione di Dio nel futuro. La fede cristiana infatti è ancorata alla fedeltà di Dio, all’azione divina della storia. Il nostro domani è nelle mani di Dio fedele alle promesse di salvezza e di amore per il suo popolo e per tutti gli uomini.

Ma il Salmo continua: “perciò non temiamo se la terra è sconvolta”.  Facciamoci una domanda: oggi possiamo anche noi dire come il salmista: “perciò non temiamo?”.

Consideriamo la nostra situazione oggi. Il testo infatti accenna a possibili situazioni negative. Parla di “terra sconvolta” e “montagne scosse”, questo fa pensare ai terremoti. Il testo parla di “acque che rumoreggiano, schiumano e si gonfiano facendo tremare i monti”, questo fa pensare a nubifragi, frane e maremoti. Siamo così lontani da questa realtà?

Abbiamo ancora eventi naturali che scuotono e che ci danno un forte senso di impotenza. Ma ciò che spesso ci sconvolge è che questi eventi non sono casuali, ma sono la risposta naturale alle manomissioni dell’uomo sulla natura trattata nono come dono di Dio, ma come preda da spartire e violentare per l’arricchimento di pochi. Accanto a questi sconvolgimenti poi esistono i grandi smottamenti dovuti al normale assesto idrogeologico; sconvolgimenti che avvengono solitamente a distanza di secoli, ma che abbiamo vissuto ultimamente. Quanto scritto nel Salmo è storia di oggi.

Ma questo non basta. Il Salmo parla anche di nazioni che rumoreggiano, regni che vacillano. Impossibile elencare la grande quantità di guerre e conflitti etnici esistenti nel mondo. Ci Sono continuamente conferenze e riunioni internazionali nel tentativo di risolvere queste crisi che sorgono all’improvviso o che durano da secoli. Anche in questo Salmo si racconta la storia dei nostri giorni: una situazione negativa che investe il mondo.

Ma qual è la nostra reazione a questa situazione generale?

Come credenti partecipiamo alla vita degli uomini e non possiamo estraniarci dalle responsabilità e dall’impegno umano per arginare le crisi. Ogni tentativo, ogni azione, ogni aiuto umanitario, ogni lotta che la società intraprende per tentare una via di soluzione deve vedere i credenti in prima linea solidali con chi sacrifica se stesso ed i propri interessi per creare a tutti uno spazio vitale, una società aperta e nuova. In questo senso come singoli e come comunità partecipiamo con le nostre voci, con la nostra presenza ed il nostro aiuto a tutte quelle iniziative che rivendicano la pace e la necessità di tutti gli esseri umani senza distinzione, di avere le stesse opportunità e lo stesso diritto alla vita che ha bisogno anche di cibo, vestiti, medicine e tutto il necessario. La tecnica del riccio che quando avverte il pericolo si appallottola su se stessi e tira fuori le spine è irresponsabile sintomo di rinuncia e di viltà. I credenti che si chiudono sono i primi ad essere trascinati nella rovina delle strutture inique della società così come il riccio per quanto spinoso verrebbe travolto dalle “acque schiumeggianti” del nostro testo.

Partecipare alle lotte degli uomini come credenti però significa parteciparvi con metodi e contenuti diversi da quelli dettati dalle parti in causa. Il credente è portatore dei metodi e del messaggio di salvezza di Dio per la storia e per gli uomini e questa   la vocazione specifica del popolo di Dio che vive della Sua presenza e su questa fonda la propria azione, la propria testimonianza quotidiana e la certezza della vittoria.

L’antico Israele vedeva la presenza di Dio in Gerusalemme, nel tempio con le sue mura e l’arca, nella città santa, sicuro rifugio. Per noi la presenza di Dio è legata non ad un luogo, ma ad una persona: Gesù Cristo, Dio per noi. E’ con Cristo che deve confrontarsi la storia degli uomini perché Cristo è il Signore degli uomini e della storia. Il credente sa che non saranno le soluzioni umane  a salvare l’umanità, ma solo una conversione a Cristo, a Colui che rappresenta un rifugio ed una forza, la roccia su cui fondarci.

Ma per far questo, il Salmo ci grida un messaggio urgente, una visione profetica. E’ un messaggio di richiamo alla realtà: “fermatevi e riconoscete che io sono Dio” (verso 10).

“Fermatevi” significa dire all’uomo che la sua corsa al progresso senza limiti, alla supremazia dell’uomo sull’uomo e delle nazioni, la corsa al denaro, al benessere, è una corsa verso la rovina. La corsa verso soluzioni centrate sull’uomo è soltanto una fuga dalle responsabilità perché tutto ciò che è umano è provvisorio e noi viviamo in questa provvisorietà.

“Riconoscete che io sono Dio” vuol dire date a Dio il primo posto nella vita, vuol dire riscoprite la sovranità di Dio. Riconoscete Dio come Signore vuol dire ritrovare il senso dei propri limiti. Riscoprire l’uomo alla luce di Dio vuol dire avere una nuova etica sociale del lavoro, politica, personale, coniugale. E questo resta valido di fronte a qualsiasi terremoto, sia esso mondiale, sia esso personale quando situazioni avverse, egoismi, malvagità, incapacità nostre od altrui ci hanno portato ad una crisi profonda fino al punto da non farci più sentire la voce di Colui che ci ama.

Dove l’essere umano sa fermarsi per considerare la maestà di Dio lì nasce l’uomo nuovo che vince la crisi e vive la propria storia in modo responsabile per il bene di tutta l’umanità. Chi crede nell’Iddio vivente ed operante ha una visione profetica perché vede come già realizzato il futuro: “egli fa sulla terra cose stupende. Fa cessare le guerre fino all’estremità della terra”. Questo versetto è l’invito a vedere la vittoria di Dio allora sul campo assiro distrutto ed abbandonato, oggi sui disastri della terra e sulle sicurezze costruite dagli uomini. Questo versetto diviene profezia della vittoria del Regno di Dio come regno di pace in cui non ci sarà più alcuna guerra.

I credenti testimoniano perché questo Regno venga, pur sapendo che la venuta del Regno è nelle mani di Dio e la sua realizzazione non sarà frutto delle soluzioni umane. Il nostro compito è indicare agli uomini che solo in Cristo e nel riconoscimento della sua Signoria è l’unica soluzione ai problemi. Predicare questa vittoria sul male è credere che Dio agisce, è operare per manifestare che già in noi Egli è il Signore, è indicare le cose grandi e le soluzioni di Dio e  
non noi stessi e la nostra provvisorietà. Allora una Chiesa operante e potente potrà portare frutti di pace e di salvezza e essere segno delle cose grandi di Dio.

Operiamo con fede, testimoniamo con fermezza perché “Dio è per noi un rifugio ed una forza, un aiuto sempre pronto nelle difficoltà” ed Egli “glorificato sulla terra”.

       

Di Marco Scuderi

 

 
 

                                                                                                                                                                                                                                                                                               

 

  

 

“Il Faro.”

 

 
                                                                                        

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