Brevi meditazioni bibliche 

                                      

                                                                                  di Domenico Barbera

 

 

HO FEDE IN DIO...

 

"Perciò o uomini, state di buon cuore, perché io ho fede in Dio
che avverrà esattamente come mi è stato detto” 
(Atti 27:25)

 

Non si può cominciare a parlare del testo se prima non si descrive la situazione in cui vennero a trovarsi Paolo e quelli che si trovavano con lui sulla nave. Complessivamente vi erano 276 persone.

1. La situazione in cui si trovavano quelli della nave.

I 14 giorni di tempesta tremenda in cui vennero a trovarsi tutti quelli che si trovavano in quella nave, ci parla di una situazione disperata e drammatica dato che, in conseguenza di quel fatto, i marinai non riuscivano ad avere sotto controllo la nave. Appariva chiara la situazione di disagio in cui tutti si trovavano, e nessuno delle 276 persone era risparmiato.

* È sempre vero che nelle varie tempeste della vita — e ce ne sono tante — non sempre l’uomo riesce a controllarne le situazioni. Spesso si perde il controllo, e l’uomo, invece di controllare, è lui stesso controllato da una forza che supera le sue capacità.

Paolo e tutti quelli che erano con lui sulla nave, venivano ‘sbattuti’ qua e là e portati alla deriva, (vv. 15,18) per la violenza inaudita di quella tempesta.

* Nelle tempeste della vita, quando i venti delle prove e delle avversità infuriano, veniamo sbattuti qua e là, non solo nel corpo, ma anche nello spirito. Questo significa in pratica che non soffre solo il corpo, specie se si viene colpiti da qualche infermità o malessere fisico, soffre anche lo spirito, dato che lo stesso è legato al corpo.

Quei 14 giorni di ‘attesa’ (v. 33) che venisse la bonaccia, furono certamente molto penosi.

* Aspettare che la tempesta si calmi e spunti il sole della speranza sopra le persone che si trovano in travaglio, è certamente il tempo più difficile che si possa immaginare. Più lungo si fa il tempo dell’attesa, maggiore diventa il peso, e la stessa sopportazione (intesa come stato di tranquillità) assume l’aspetto di un miraggio, di un qualcosa che è lungi dal realizzarsi.

2. Che cosa pensavano le persone che si trovavano su quella nave, nel mezzo di quella spaventosa tempesta?

Il (v. 20) dice: "Poiché non apparivano né sole né stelle già da molti giorni, e infuriava su di noi una gran tempesta, si era ormai persa ogni speranza di salvezza". Questo verso non parla solamente di uno stato di oscurità, di annuvolamento, riflette anche l’insicurezza che aveva preso corpo nella vita di quelle persone. Tra questi c’erano Paolo, Luca ed Aristarco (27:2). Paolo e Aristarco vengono chiaramente nominati nel v. 2. E quello di Luca dove si trova, per includerlo nel numero delle 276 persone? Il nome di Luca, che non figura in tutta la descrizione del capitolo 27, è accettato unanimemente da tutti gli studiosi della Bibbia,perché  identificato da quel plurale personale ‘noi’. Assodato dunque questo dato, tutte le 276 persone che si trovavano su quella nave dicevano e pensavano che ogni speranza di salvezza era ormai svanita; tre di essi erano credenti.

Nessuno più sperava di scampare da quella tempesta; nessuno più credeva di rivedere i propri congiunti. Il terrore della morte, si era ormai impossessato in tutti, compresi Paolo, Luca ed Aristarco e tutti pensavano che da un momento all’altro, sarebbero periti annegando in acqua.

3. Dio viene in aiuto

Tenendo presente la drammatica situazione in cui si trovavano le 276 persone, chi avrebbe osato parlare in termini di aiuto divino? Eppure si sa con certezza che in quella situazione disperata, Dio interviene in una maniera inaspettata.

Sperare  nell’intervento di Dio, senza che  la tempesta e la furia del vento si acquietino. E’ inconcepibile! Eppure, il Suo intervento e lì, pur restando inalterata la tempesta con tutta la furia del vento impetuoso. Dio, che guardava dal cielo quella drammatica situazione di pericolo, manda un Suo angelo a Paolo per portargli un ‘messaggio di speranza’.

* Dio porta il messaggio di speranza nei momenti più oscuri della vita, quando sembra che tutto sia finito. Perché Dio fece passare 14 giorni di tempesta inaudita per portare quel messaggio di speranza?

* Quando Dio ritarda ad intervenire nelle situazioni disperate della vita, non dobbiamo pensare che Egli non veda o che goda nel vedere il travaglio di un’anima. I ritardi di Dio, che non sempre riusciamo a capire, contribuisco sempre per il bene dell’anima (Rom. 8:28) e ritornano a lode e gloria del Suo santo Nome. Alleluia!

4. La fede di Paolo

La fede di Paolo consisteva nel credere al messaggio di speranza che Dio gli mandò. Paolo, prima che l’angelo di Dio arrivasse a lui con il messaggio di speranza, come tutti gli altri diceva che non vi era più possibilità di salvezza; ora però, cambia opinione. Non guarda più al pericolo della tempesta ma presta attenzione, piuttosto, a quello che Dio gli dice.

* Per avere tranquillità nella tempesta, bisogna ascoltare quello che Dio dice.

* Per essere liberati dalla paura della morte e di naufragio in mezzo ai pericoli della vita, bisogna afferrarsi alla Parola di Dio, baluardo di salvezza in mezzo alle acque agitate delle prove e delle avversità.

* Quello che conta, non è quello che l’uomo vede, sente o pensa, ma quello che Dio dice.

* Se Dio dice: "Non temere", dobbiamo credere alla Sua Parola; se Egli dice: "Son con te, non ti smarrire" (Isaia. 41:10), dobbiamo credere a quello che Egli dice. Dobbiamo anche credere alle parole di Gesù: "Io sono con voi tutti i giorni..." (Matt. 28:20).

Quello che dobbiamo tener presente del nostro testo è questo: Mentre Dio dava il messaggio di speranza a Paolo, la tempesta era lì con la sua furia spaventosa e non accennava a placarsi.

* Possiamo trovarci in mezzo a furiose tempeste, i venti che soffiano con la forza infernale, la vita che viene sbattuta qua e là, e pur dire: "Ho fede in Dio che avverrà esattamente come mi è stato detto".

Il messaggio di speranza diceva: "Paolo, non temere, tu devi comparire davanti a Cesare; ed ecco, Dio ti ha dato tutti coloro che navigano con te" . Quando, dopo un digiuno prolungato di 14 giorni, Paolo esortava tutti a prendere cibo, perché avrebbe contribuito alla loro salvezza, aggiungeva anche: "neppure un capello del vostro capo perirà" (v. 34). Se le 276 persone si salvarono, fu solamente perché Dio aveva detto che nessuno sarebbe perito. Tutti si poterono salvare da quella tempesta. Raggiunsero la terra ferma chi a nuoto, chi su tavole, chi su rottami della nave (v. 44)

Dire che coloro che hanno fede in Dio non avranno mai malattie, non si troveranno in mezzo a difficoltà di ogni genere, tutto andrà bene nel giusto verso, o come si dice  “tutto sarà rose e fiori”, non risponde certamente all’insegnamento della Parola di Dio che afferma, invece, in maniera inequivocabile: "Per molte afflizioni dobbiamo entrare nel regno di Dio" (Atti 14:22).

Conclusione

1) Valutando il contesto di quello che descrive il capitolo 27 degli Atti, la fede in Dio si basa, non su quello che ci circonda, ma esclusivamente su quello che Dio dice. Se Paolo poteva incoraggiare tutte le persone della nave a non temere, perché nessuno di loro sarebbe perito, lo faceva essenzialmente perché Dio gli aveva dato una simile sicurezza. La Parola di Dio è degna della nostra fiducia e quando essa viene afferrata e creduta come infallibile ed eterna, cioè che non passa mai, possiamo vederne la realizzazione nella vita di tutti i giorni.

2) La fede in Dio si ha fortemente per quello che Dio dice, e per la persona che la crede c’è sicuramente salvezza. Notate che l’apostolo Paolo faceva riferimento alla sua fede, "io ho fede in Dio...", come per dire: anche se voi non credete a quello che vi sto dicendo, in quanto tutto quello che vedete con i vostri occhi parla eloquentemente di pericolo e di morte, la vostra salvezza si realizzerà ugualmente perché io ho fede in quello che Dio mi ha detto.

3) Si può rimanere per un lungo periodo in mezzo ai travagli e alle avversità, circondati da pericoli di ogni genere, tempeste che ci sbattono qua a là e ci fanno andare alla deriva, ed avere la certezza di non perire, ma di vivere.

Infine, diciamo ancora una volta che quello che conta, non è certo quello che l’uomo dice o pensa, ma quello che dice Dio nella Sua Parola. Amen!

 

Di D. Barbera

Da “Parola evangelica”

 

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